
laura si libera dopo il lavoro
Il peso del desiderio
Laura lavorava da quasi un anno al telefono erotico.
All’inizio le sembrava solo un modo come un altro per guadagnare, una voce calda che recitava sceneggiature peccaminose per uomini soli e arrapati. Ma col tempo, quelle telefonate l’avevano cambiata. Non solo perché le fantasie degli altri avevano finito per innescare le sue, ma perché giorno dopo giorno, ascoltando le confessioni più sporche e perverse, aveva iniziato ad accendersi davvero.
Ogni sussurro, ogni comando, ogni insulto elegante o porco che pronunciava la toccava dentro, la faceva vibrare.
La sera, quando spegneva la linea e si toglieva le cuffie, rimaneva stesa sul letto con la figa pulsante e il bisogno di qualcuno che la facesse venire come meritava.
Ma quel qualcuno non c’era. C’era solo lei, le sue dita, e il ricordo delle voci eccitate dall’altra parte della linea.
Poi, un pomeriggio di giugno, Laura si guardò allo specchio e capì che ne aveva abbastanza.
Di essere solo voce.
Di godere in silenzio.
Di non essere mai vista.
Aveva bisogno di esporsi. Di mostrarsi. Di far vedere quanto cazzo era sexy quella voce.
Così prenotò una settimana in una località balneare del sud, sola, senza dire niente a nessuno.
Decisa a trasformare ogni sguardo in un’erezione. Ogni passo in una provocazione.
Verso la costa del peccato
La strada verso il mare fu un misto di eccitazione e ansia.
Laura guidava con i finestrini aperti, i capelli al vento e la mente già altrove.
Sotto al vestito leggero, niente reggiseno. Solo il battito del cuore e i capezzoli tesi.
Aveva scelto un posto poco turistico, un villaggio sul mare frequentato da uomini soli, coppie annoiate e ragazzi in cerca di guai.
Il terreno perfetto per una donna come lei, con il corpo da trentenne esplosiva e la mente carica di voglia repressa.
Mentre guidava, si riascoltava mentalmente.
“Ti sto toccando adesso… mmm… lo vuoi sentire come scivola tra le labbra della mia fica?”
Frasi che aveva pronunciato mille volte al telefono erotico.
Ma che adesso voleva gridare a voce piena, con le gambe aperte, con un uomo – o più di uno – pronto a metterla a tacere con la lingua.
Non era una vacanza.
Era una liberazione.
E lei non vedeva l’ora di essere guardata come si guarda una pornostar in carne e ossa.
L’arrivo e l’attesa
Appena arrivata, si tolse subito i sandali e camminò a piedi nudi sulla sabbia.
Aveva scelto un bungalow sul mare, isolato quanto basta per essere libera ma abbastanza vicino da non sentirsi invisibile.
La prima notte non dormì. Si masturbò lentamente, affacciata al balcone, con due dita tra le cosce e la luna come complice.
Le onde coprivano i suoi gemiti, ma non la vergogna: non ne aveva più.
Il giorno dopo, si svegliò con la figa bagnata e il corpo caldo.
Indossò un costume nero così stretto che sembrava pitturato addosso.
Niente sopra. Nessuna copertura.
Solo lei, la sua pelle abbronzata, i capezzoli puntati verso il cielo e la voglia di provocare.
Scese in spiaggia e si sdraiò su un lettino proprio al centro, dove tutti potessero vederla.
Si cosparse di olio lentamente, con movimenti lenti, le mani che accarezzavano il ventre e sfioravano il solco tra le cosce.
Non guardava nessuno, ma sapeva che la stavano guardando tutti.
E sotto quel sole rovente, cominciava già a bagnarsi.
L’esibizionista
La spiaggia si stava popolando.
Uomini soli, ragazzi curiosi, coppie stanche.
Laura si alzò e si infilò in acqua.
Il costume aderiva ancora di più, rivelando forme che non lasciavano nulla all’immaginazione.
Uscì lentamente, l’acqua che colava tra le cosce, i capelli sciolti, le tette sode che sfidavano la gravità.
Si sdraiò di nuovo, questa volta a pancia in giù, e allargò le gambe senza ritegno.
Fingeva di dormire, ma ascoltava tutto.
I commenti, i respiri, le parole sussurrate.
Uno dei ragazzi le si avvicinò con la scusa di offrirle da bere.
Lei lo guardò dritto negli occhi e gli disse: “Al telefono mi pagano per farmi dire certe cose. Ma qui… sono gratis.”
Lui arrossì.
Lei sorrise.
E si leccò lentamente le labbra, mentre un dito le tracciava la curva del culo sopra il costume.
Aveva cominciato il suo spettacolo.
La sera del peccato
Quella sera si truccò appena, indossò un vestito corto e trasparente.
Nessun intimo.
Solo pelle.
Andò al bar del lungomare e si sedette al banco.
Le gambe accavallate, il bicchiere tra le dita e lo sguardo che scrutava il locale come una predatrice in cerca del suo pasto.
Un uomo sulla cinquantina, elegante e solo, la fissava da minuti.
Laura gli sorrise. Poi si avvicinò.
“Posso sedermi?”
“Ti aspettavo.”
Parlarono poco.
Non ce n’era bisogno.
Lui le appoggiò una mano sulla coscia, lei la spinse ancora più su.
Poi sussurrò: “Sai cosa faccio di solito? Lavoro al telefono erotico. Ma stasera voglio farlo sul serio.”
Lui la prese per mano.
La portò via, dietro le dune.
E lì, nella sabbia tiepida, la scopò come se fosse l’ultima donna rimasta sulla terra.
Le strappò il vestito, le succhiò le tette, le leccò la figa fino a farla urlare.
Lei gemeva come nei suoi audio.
Ma stavolta era tutto vero.
Sporco. Reale. Selvaggio.
E mentre veniva, lo afferrò per i capelli e gli gridò: “Dimmi che mi vuoi sentir godere come al telefono erotico!”
Lui obbedì. Tremando.
E lei si sentì finalmente viva.
L’indomani e la libertà
Laura si svegliò con i muscoli doloranti e il sorriso stampato in faccia.
Il corpo pieno di sabbia, segni e ricordi.
Nessun numero lasciato. Nessun legame.
Solo una donna che aveva deciso di farsi vedere, farsi toccare, farsi godere.
Tornò sulla spiaggia, ma stavolta indossava solo un pareo aperto.
Sotto, completamente nuda.
Camminava lenta, lasciando che il vento le aprisse il tessuto e rivelasse tutto.
Si sdraiò e aprì le gambe. Senza pudore.
Un gruppo di ragazzi la osservava da lontano.
Lei li invitò con un dito.
Li provocò. Parlò con voce bassa, raccontando cosa le piaceva. Cosa voleva. Cosa si meritava.
E poi, mentre uno si fece coraggio e le si avvicinò, gli sussurrò:
“Chiamami… ma non al telefono erotico stavolta. Chiamami qui. Tocca. Lecca. Scopa. Ora.”
E lui lo fece.
Davanti agli altri.
Nascosti solo da una risata e da un asciugamano.
Fu il primo di tanti.
E Laura?
Laura godeva. Come mai prima.
Come nessuna voce potrà mai descrivere.