Racconto Soft – Giovanna e la vacanza senza bagagli

Racconto Soft – Giovanna e la vacanza senza bagagli

3 Luglio 2025 Off di tarocchirichiesta

Ritorno a Milano, scia di libertà

Il treno aveva restituito Giovanna e Cecilia al ritmo ovattato di Milano centrale, ma la leggerezza conquistata senza biancheria scivolava ancora fra le pieghe dei loro abiti. Durante il tragitto in taxi verso casa, si scambiarono sguardi di intesa: il viaggio non si era semplicemente concluso, aveva aperto una finestra su un modo diverso di abitare il corpo e lo spazio pubblico. Luigi, già al balcone con due tazze di tè freddo alla menta, lesse nei loro occhi la promessa di ulteriori avventure e sorrise—sapeva che quel filo di complicità non si sarebbe spezzato con l’arrivo nel capoluogo lombardo.

Una pausa tra le voci

Il call-center del telefono erotico riprese la consueta melodia di squilli e voci morbide, ma il “backstage” era cambiato: Giovanna si sentiva più radicata nel proprio corpo, Cecilia gestiva le pause con l’aria di chi ha imparato a respirare davvero. Durante la pausa caffè, raccontavano alle colleghe il vento di Marsiglia, la lavanda provenzale, la pedalata senza costrizioni. Nessun dettaglio svelato, solo allusioni al “viaggio più leggero di sempre”. Eppure quelle parole bastavano a disseminare curiosità: molti iniziarono a domandare quando avrebbero pubblicato il piccolo vlog che stavano montando dall’action-cam.

L’invito di Luigi

Una sera, a cena, Luigi posò il cellulare sul tavolo e affrontò la questione con garbo: «Perché non organizziamo un weekend fuori porta a tre, magari sul Lago di Garda? Potremmo spingere oltre il gioco, ma con un tocco nuovo: stavolta niente treno, solo bici e battello». Giovanna si illuminò; Cecilia alzò un calice: «E la regola?». Luigi propose di sostituire il “no-slip” con un “no-backpack”: portarono solo ciò che entrava nelle tasche della giacca a vento o nella borsetta a tracolla. Ancora una volta, libertà come allenamento alla leggerezza.

Bici, battello e tasche vuote

La mattina di sabato pedalavano tra Desenzano e Sirmione. Nessuno zaino a gravare sulle spalle, solo l’essenziale: portafoglio, cellulare, un burrocacao, un fazzoletto di stoffa. Ogni curva del lungolago restituiva refoli di aria tiepida che gonfiavano gli orli dei vestiti, richiamando alla mente la sensazione provocante del treno. Luigi pedalava a pochi metri di distanza, osservava i riccioli di Giovanna che svolazzavano e la risata di Cecilia al primo raggio di sole. Si fermarono su un prato per un picnic improvvisato di focaccia e olive. La mancanza di bagagli rese il gesto ancora più essenziale: pane tagliato con un coltellino tascabile, acqua condivisa da una borraccia in metallo. Il piacere era nelle piccole cose, nei vestiti stropicciati, nel contatto dell’erba sulle gambe. Ogni gesto poteva farsi osservare—da una barca distante, da un passante curioso—ed era, ancora, un invito gentile al voyeurismo dell’istante.

L’incontro sul battello

A metà pomeriggio presero il battello turistico fino a Salò. Sul ponte superiore, il vento sollevava le pieghe delle giacche a vento e sfiorava la pelle. Accanto a loro, una giovane coppia tedesca di musicisti chiacchierava a bassa voce; più in là, un signore con reflex professionale cercava scorci da fotografare. Cecilia, appoggiata alla ringhiera, lasciò che la brezza sciogliesse un bottone della camicetta. Luigi, poco distante, immortalò la scena con lo smartphone, non per esibizione ma per fissare quell’equilibrio tra naturalezza e piccola provocazione. Un clic di otturatore alle loro spalle tradì la presenza della reflex: il fotografo aveva colto l’istante. Giovanna si voltò, lui abbassò l’obiettivo con educazione. Un cenno di saluto reciproco suggellò un tacito accordo: in quello scatto c’era la bellezza del momento, non un’invasione.

Passeggiata serale tra i vicoli

Arrivati a Salò, si addentrarono nel centro storico, tasche ancora leggere. Ogni negozietto d’antiquariato rifletteva luci calde sulle pietre. Cecilia propose una deviazione sul pontile; il tramonto incendiava l’acqua di riflessi arancio. Sedettero a gambe penzoloni, la libertà delle tasche vuote diventava simbolica: avevano lasciato pesi materiali e mentali. Due ragazzi del posto suonavano chitarra poco distante. Le note si mescolavano al silenzio. Giovanna si alzò e danzò qualche passo, sollevando l’orlo del vestito in un turbine lieve. Luigi e Cecilia la seguirono, trasformando il pontile in una pista improvvisata. Le finestre dei bar vicini incorniciavano la scena: forse qualcuno li osservava, forse no. Ma se anche occhi curiosi avessero spiato, avrebbero visto solo la grazia di corpi in movimento sotto un cielo quasi estivo.

Rientro in treno: un’eco di vibrazioni

Il giorno dopo, per tornare a Milano scelsero un regionale che attraversava colline e vigneti. Il vagone era semivuoto: solo loro tre e un paio di turisti. Questa volta non c’era una sfida di biancheria, eppure il gesto di sedersi sentendo la stoffa leggera contro il sedile richiamava la memoria del viaggio precedente. Giovanna poggiò la testa sulla spalla di Luigi, Cecilia scattò una foto alle colline verdeggianti. Nessuno parlava: ascoltavano il ritmo delle rotaie e lasciavano che le vibrazioni si intrecciassero ai ricordi. Il silenzio tra compagni di viaggio è un’intesa preziosa, specie quando si condivide un’avventura fatta di gesti minimi ma ricchi di significato.

Diari di viaggio e prossimi progetti

Di ritorno al call-center, Giovanna e Cecilia inaugurarono un piccolo “Diario di leggerezza” sulla bacheca interna: pagine bianche dove chiunque, durante la pausa, poteva annotare una sensazione di libertà vissuta fuori dall’ufficio—un treno preso all’ultimo, un giro in bici al parco, un pranzo senza smartphone. L’idea attecchì: molti colleghi iniziarono a scrivere parole, disegnare piccoli sketch. Luigi trasformò quei fogli in un collage digitale proiettato nella sala break: un mosaico di libertà quotidiane che rendeva più lieve il lavoro con le hotline. Intanto la action-cam provenzale veniva montata in un vlog di dieci minuti: niente rivelazioni, solo scorci di strade francesi, risate, vento tra i capelli. Lo pubblicarono sul canale intranet dell’azienda; in pochi giorni divenne il video più visto dai colleghi, ispirando micro-paesaggi emotivi da replicare.

La filosofia della leggerezza

Giovanna, seduta alla scrivania, ripensò a come tutto fosse cominciato: un’idea semplice—rinunciare agli slip—aveva attivato un domino di gesti che ora si traducevano in un nuovo modo di abitare il quotidiano. Il corpo non era più solo strumento di narrazione telefonica, ma bussola che indicava quando era il momento di alleggerirsi. Sorrise al pensiero di future variazioni: scarpe spaiate, silenzio day senza parole, camminate a occhi chiusi in un parco… La fantasia era infinita se nutrita da piccole sfide gentili. Luigi, alzando lo sguardo dal monitor, le fece l’occhiolino: anche lui stava elaborando nuove idee.